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Cooperatores Veritatis
Card. Joseph Ratzinger
Nello stemma di Papa Benedetto XVI non compariva alcun motto, come del resto anche in quelli dei suoi immediati predecessori. Ma se torniamo al momento della sua elezione episcopale, l’allora mons. Joseph Ratzinger scelse due parole tratte dalla Terza lettera di Giovanni: “Cooperatores Veritatis”.
Al contrario di Giovanni Paolo II, che una volta divenuto Papa richiamò esplicitamente il motto scelto da vescovo (“Totus tuus”), Benedetto XVI non citò mai da Pontefice il suo motto. 
Nell’araldica in generale, sia civile, sia ecclesiastica è uso mettere al di sotto dello scudo un nastro, o cartiglio, che riporta in una sola o in poche parole una idealità, o un programma di vita. 
Tuttavia la mancanza di un motto nello stemma pontificio non vuol dire mancanza di programma, ma significa piuttosto apertura senza esclusione a tutte le idealità che derivino dalla fede, dalla speranza e dalla carità. 
Quello che l’allora arcivescovo di Monaco e Frisinga aveva nel suo stemma arcivescovile e cardinalizio rimane come sua aspirazione e programma personale, cui ha ispirato tutta la sua azione pastorale.
All’inizio del suo pontificato nel 2005, Benedetto XVI scelse uno stemma a calice che variava di poco la composizione del suo scudo cardinalizio. Era rosso nella parte centrale, cappato oro ed era ricco di simbolismi. 
Al centro, una grande conchiglia d’oro che aveva per lui un triplice significato: la conchiglia, ormai famoso simbolo del pellegrino, è legata in particolare al Pellegrinaggio di Santiago di Compostela e vuole ricordare lo status di pellegrini sulla terra alla continua ricerca di Dio, pur con mezzi inadeguati, nonché il peregrinante 
popolo di Dio del quale Benedetto XVI si riconosce pastore
Inoltre è presente nello stemma del Monastero di Schotten, a Ratisbona, in Baviera, cui il Papa è sempre stato spiritualmente molto legato; ed infine ricorda una leggenda attribuita a S.Agostino: il Santo incontra un bambino sulla spiaggia che cerca di riempire una buca con tutta l’acqua del mare usando una conchiglia: è una parabola che invita a riflettere sul tentativo della mente umana di conoscere l’infinità di Dio: la ragione umana non può contenere tutto il mistero di Dio!
Nella parte alta dello stemma sono raffigurati un orso con un fardello sul groppone, a sinistra, e una testa di moro a destra. L’orso rappresenta, secondo un’antica tradizione, il primo vescovo di Frisinga, san Corbiniano, il quale mentre si recava a Roma fu assalito da un orso che lo privò del cavallo. Ammansito l’orso, il santo lo costrinse a portare la soma. Il fardello è ovviamente il peso dell’episcopato che porta addosso. La testa di moro, che appare spesso nella tradizione bavarese, è il simbolo antico della Diocesi di Frisinga, diventata Arcidiocesi Metropolitana col nome di Card. Joseph Ratzinger - Papa Benedetto XVI Monaco e Frisinga nel 1818.
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